Avete sentito parlare della gravidanza biochimica, ma proprio non sapete di cosa si tratta? Vogliamo oggi cercare di spiegarvi la gravidanza biochimica in modo preciso e semplice, cercando di mettere in luce le differenze, soprattutto psicologiche, tra questo fenomeno e la fecondazione naturale oppure assistita.

La gravidanza biochimica è una gravidanza a tutti gli effetti, nel senso che c’è un embrione impiantato. Effettuando quindi le analisi delle beta hcg, risultano positive. Dopo pochi giorni dall’impianto però l’embrione interrompe la sua evoluzione, di solito sempre entro le 5 settimane. Si tratta insomma di un aborto precoce a tutti gli effetti.

La gravidanza biochimica in caso di fecondazione naturale

Solitamente ogni donna scopre di essere rimasta incinta a seguito di un ritardo nel proprio ciclo mestruale. Prima di effettuare un test delle beta HCG le donne tendono ad utilizzare i test di gravidanza, quelli che sfruttano le urine per capire se c’è una elevata quantità dell’ormone della gravidanza nell’organismo femminile. Questi test vengono solitamente effettuati solo dopo il ritardo. Questo significa che per la maggior parte delle donne fecondate in modo naturale, riuscire a rendersi conto di una gravidanza biochimica è davvero difficile. Le donne infatti hanno un semplice ritardo nel ciclo mestruale e dopo qualche giorno ecco che invece arrivano delle perdite. Queste perdite vengono scambiate per banali mestruazioni e invece si tratta a pieno titolo di un aborto.

Ma dopo un aborto non è necessario sottoporsi ad un raschiamento oppure ad un trattamento farmacologico? Nel caso di una gravidanza biochimica no, in quanto l’embrione viene espulso in modo del tutto naturale. Anche se la donna non si rende conto di questo aborto, quindi nessun problema nessuna conseguenza negativa per la sua salute.

Dobbiamo ammettere che nel corso degli ultimi anni la consapevolezza di essere incorse in una gravidanza biochimica è aumentata. Alcuni test di gravidanza precoce possono infatti essere effettuati anche prima del ritardo del ciclo mestruale, anche se sono ancora poche le donne che li scelgono. Optando per questi test e quindi è possibile ottenere un risultato positivo che viene poi messo in discussione dall’arrivo delle perdite di sangue. Una donna che si trova a vivere una condizione di questa tipologia, va subito a farsi visitare dal ginecologo dato che era convinta di essere rimasta incinta. Il ginecologo potrebbe così affermare che con molta probabilità ha avuto luogo un impianto embrionale la cui evoluzione si è però fermata in modo precoce.

Le donne che scoprono di essere incorse in una gravidanza biochimica, si trovano a vivere uno stato di grande preoccupazione, perché credono di non essere abbastanza fertili. Essere incorse in una gravidanza biochimica, o anche in più gravidanze biochimiche, non significa che la donna non è fertile e che non riuscirà ad avere un bambino. Per fortuna il ginecologo riesce a spiegare tutto questo al meglio, così da poter ritrovare la tranquillità persa. Inoltre di sicuro il ginecologo affermerà che la donna può tornare a provare ad avere un bambino già il mese successivo. Nonostante questa tranquillità, di sicuro non si tratta di un momento semplice per una donna, che merita di essere ascoltata nel caso in cui abbia bisogno di sfogarsi, supportata e capita, perché se è consapevole di quanto avvenuto potrebbe anche viverla come una perdita a tutti gli effetti.

La gravidanza biochimica nel caso di trattamento di fecondazione in vitro

La gravidanza biochimica è un fenomeno molto diffuso nel caso di trattamento di fecondazione in vitro. Dopo un trattamento di fecondazione in vitro, le donne difficilmente utilizzano un classico test di gravidanza, bensì sfruttano le analisi delle beta HCG. Se i risultati sono positivi, è normale che una donna si senta felice e creda di aver raggiunto l’obiettivo sperato. Non sempre purtroppo però la situazione è così rosea. Può capitare infatti che l’embrione impiantato dopo qualche giorno appena interrompa la sua evoluzione: aborto biochimico o microaborto, è questo il nome che viene dato al fenomeno. Dopo pochi giorni, le beta HCG diventano ovviamente negative, segno appunto che non c’è più una gravidanza in corso.

Anche nel caso di fecondazione in vitro, non è necessario effettuare alcun tipo di raschiamento né trattamento farmacologico. Di solito il ginecologo consiglia alle donne di effettuare un nuovo tentativo dopo qualche mese e spiega che il fenomeno non è segno che la donna non riuscirà a restare incinta. Dal punto di vista psicologico queste spiegazioni non offrono comunque tranquillità alle donne che sono costrette a ricorrere alla fecondazione in vitro. Se una donna si trova ad effettuare la fecondazione in vitro significa infatti che non riesce a restare incinta in modo naturale, causa una mancata fertilità. È ovvio quindi che sapere di aver perso un embrione che si era già impianto, è per le donne che fanno la fecondazione assistita vissuto come una perdita a tutti gli effetti e come un momento di grande sconforto e tristezza. Proprio per questo motivo oltre al supporto del ginecologo e del proprio partner, è possibile che sia utile un consulto psicologico, così che la donna abbia la possibilità di non lasciarsi andare in modo eccessivo a questo sconforto, scelta utile questa soprattutto nel caso di più gravidanze biochimiche consecutive.